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La stracciatella del Molise, viene realizzata con il latte di mungitura di animali di razza locali allevati al pascolo, ed il suo nome deriva appunto dalla fase di lavorazione che è l'atto di stracciare la striscia di pasta filata lunga e dalla forma piatta in pezzi.
Questo latticino appunto a pasta filata, ha un piacevolissimo sapore ed odore gradevole e costituisce una variante particolarmente apprezzata della burrata, in quanto è composta principalmente dal ripieno di panna fresca e mozzarella sfilacciata.Come per la burrata della Puglia e della Basilicata, anche questa deve essere freschissima con una giusta consistenza ed una percentuale grassa pari al 35%.Una volta in tavola, il prodotto deve presentare alcune caratteristiche tipiche sia organolettiche che chimico-fisiche.- Assenza della crosta- Colore della pasta bianco tendente al giallo paglierino con una consistenza cremosa, morbida e tenera al palato- Il sapore deve essere estremamente delicato e dolce che rimanda al sapore del latte fresco e dei fermenti lattici viviLa stracciatella del Molise, è ottima come secondo piatto estivo da servire senza condimento, ma ideale da servire in tavola con verdure fresche di stagione grigliate, oppure con insalate miste.Si abbina alla perfezione con vini bianchi poco strutturati con retrogusti fruttati dal profumo delicato ma intenso.Per la realizzazione della stracciatella molisana, si adopera latte bovino di una o più mungiture proveniente da animali di razza del posto, nutriti principalmente al pascolo o con foraggio dei prati della zona di produzione nei mesi freddi.
Il latte viene pastorizzato ad un temperatura termica minima di 71,7 gradi per 15 secondi, per poi essere acidificato inoltrando lattoinnesto naturale, oppure colture di batteri selezionati che sono stati preparati in laboratorio.Una volta pronta la massa casearia, questa viene portata ad una temperatura di circa 38 gradi e poi mantenuta con un lento movimento per circa due minuti.In un secondo tempo, viene addizionata con il caglio liquido di vitella in quantità consistente.Durante la lavorazione artigianale, una volta raggiunta la cagliata, questa viene rotta con uno strumento che prende il nome di “spino”, fino a quando non si raggiunge un composto sminuzzato delle dimensioni di un cubetto di 2x2 centimetri.Una volta terminata la rottura della cagliata, questa si lascia riposare sotto siero fino a quando non raggiunge il giusto gradi di maturazione e nella fase successiva, si lascia scolare sopra dei tavoli di acciaio per eliminare il siero in eccesso.La fase di maturazione della cagliata è un processo delicatissimo, che una volta completato da il via alla filatura, svolta da un mastro caseario di filatura.
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