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Il Vermut, chiamato a volte Vermutte nel nord Italia, è un vino aromatizzato e fortificato, che per legge deve avere una gradazione alcolica compresa tra i 16 e i 21% vol. In Francia il nome, pur conservando all'incirca la medesima pronuncia, viene scritto Vermout o Vermout. Il vermut si distingue in varie tipologie la cui differenza viene determinata dalla quantità di zuccheri presenti.
Generalmente si utilizza un vino bianco base, dal profumo molto leggero o inesistente, non adatto alle vinificazioni di qualità. In Puglia ad esempio questo ruolo è ricoperto dalla Verdenca, da sempre un'uva utilizzata per la produzione di Vermut. Il vino base deve essere secco e con gusto più neutro possibile. A questo viene aggiunto alcol puro, a 95–96°, zucchero sotto forma di saccarosio, e vari estratti aromatici vegetali, il cui principale è l'assenzio maggiore, che ha il nome scientifico di Artemisia absinthium L.. L'artemisia è parte della famiglia delle Compositae, un'astaracea, ovvero una pianta erbacea. La creazione del vermut si deve all'italiano Antonio Benedetto Carpano che a Torino realizzò il primo Vermut nel 1786, derivando il nome dal termine tedesco con cui si indica l'ingrediente principale, l'assenzio nel suo nome scientifico, ovvero Wermut. Il vermut ebbe successo a partire dalla metà dell’Ottocento, ed ebbe come uno dei maggiori protagonisti Carlo Gancia, fondatore della famosa azienda, che tra nel 1913 produsse il Gancia Bianco, un vermut divenuto un'icona come primo vermut italiano, mentre in Francia questo tipo di alcolico si sviluppò prima. La storia del vermut nasce dalle vicende politiche che contraddistinsero i primi del Settecento, sulla falsariga di quella del Porto, quando la guerra tra Inghilterra e Francia causò il blocco delle importazioni di vino francese nell'isola britannica. Nel 1703 un accordo tra Inghilterra e Portogallo diede l'impulso alla produzione di vini fortificati, da importare nella Gran Bretagna. L'idea di fortificare il vino con del brandy proviene da un monastero portoghese a Lamego, che utilizzava questa lavorazione per rendere il leggerissimo vino della zona accettabile. Il Porto divenne quasi subito un vino pregiato e rinomato, e sull'onda della fortificazione iniziarono varie sperimentazioni in tutta Europa, per tentare di replicare questo successo in quelle aree che non riuscivano a produrre un vino alcolico e profumato. Il vino fortificato, o liquoroso, come viene spesso detto, divenne popolare in alcune aree, specie nell'Ottocento. Tra i protagonisti di questo successo anche il nostro Marsala, amato dagli inglesi, che in questo modo boicottavano anche culturalmente il vino francese. Tra le varie sperimentazioni di successo vi fu così anche il vermut, che consentì in questo modo di sfruttare molti bianchi insipidi, fornendo la necessaria sapidità grazie alle erbe aromatizzanti. Il vermut, prodotto con vino base di bassissimo costo, aveva anche il vantaggio di un prezzo molto favorevole, e non mancava certamente di un buon gusto. Anche in Francia, generalmente abituata a vini di grande qualità, i consumatori si appassionarono a questo insolito ma ottimo gusto, e specialmente al sud del paese si diffusero numerose piccole aziende molte delle quali oggi ancora presenti sul mercato, come la famosissima Dubonnet fondata dal farmacista Joseph Dubonnet, creatore del vermut chinato destinato all'esercito francese operante in Africa. ALEXANDER Set POSATE BARBECUE completo 6 pezzi Prezzo: in offerta su Amazon a: 107,9€ |
Il vermut viene definito dalla legge n. 224 del 1934 come una bevanda alcolica che deve essere prodotta da vino base italiano a cui si aggiungono alcune erbe aromatiche e amaricanti ben definite e autorizzate, zucchero e dell'alcol per raggiungere una gradazione alcolica di almeno 16% volumetrici e un contenuto di zucchero di almeno 14 grammi per 100 ml. Per i vermut dry, o secchi invece, l'alcol deve essere almeno del 18% volumetrico e gli zuccheri inferiori ai 14 grammi. Le piante aromatiche autorizzate sono l'artemisia o assenzio, il dicamedrio, il cardo santo, la maggiorana, la coca, l'issopo, il centaurea minore, il timo, la melissa e il dittamo. Di queste piante si utilizzano le foglie o tutta la pianta. Si possono usare anche il luppolo, la camomilla, i chiodi di garofano e lo zafferano. Di queste piante si possono utilizzare i fiori. Invece si possono usare i fiori del finocchio, del cardamono, del coriandolo, del macis, della vaniglia, della fava tonka, della noce moscata, dell'arancio e dell'anice stellato. Ugualmente si possono impiegare le radici della genziana, della galanga, dell'angelica, dell'ireos, dell'imperatora, del calamo aromatico, dello zedoaria e dello zenzero. Possono far parte degli aromatizzanti anche le scorze della china, del melograno e della cannella, il legno del quassio e il succo di aloe. Per il vermut rosso si può usare il caramello come colorante.
Il vermut può essere servito sia in purezza che miscelato in molti coctails, alcuni dei quali molto famosi. Può svolgere la funzione sia di aperitivo, in purezza, servito liscio o ghiacciato, o miscelato con gin o vodka, che di digestivo, in alcuni cocktail come il manatthan. Questo utilizzo nei cocktail dipende comunque dalle varie tradizioni del paese dove si beve. Per gli americani infatti i martini cocktail sono generalmente dei pre-dinner. Raramente il vermut viene utilizzato in cucina.
Famosissimo è certamente il Martini Cocktail che deve il suo nome al bicchiere utilizzato più che alla presenza del vermut. In questo cocktail infatti il vermut, generalmente il Martini dry, rappresenta al massimo il 10% della miscela, ma i grandi fans lo chiedono alla Hemigway, ovvero come amava prepararlo il famoso scrittore noto anche per il suo amore per l'alcol. Si tratta di porre nel mixing glass il 10% di Martini dry per aromatizzare il ghiaccio, girandolo con il cucchiaino da cocktail, per poi buttarlo e porvi solo gin ghiacciato. Quando si indica un Martini preparato in questo modo è sempre meglio specificare al barman che si intende bere un Martini molto secco, o indicare direttamente “alla Hemingway”.Questo è il Martini cocktail classico, quello che sembra piaccia molto anche alla regina d'Inghilterra, e protagonista dei film di James Bond, il famoso 007 che ha reso celebre la frase, “agitato, non shekerato”. In effetti il Martini non va shekerato, ma solo girato con il cucchiaino per pochi secondi. Questo per delle motivazioni molto semplici e per non annacquare il cocktail.L'utilizzo dello shaker infatti, è previsto solo quando la densità dei vari ingredienti richiede molta energia per la miscelazione. In questa operazione però si scioglie parte del ghiaccio, rilasciando fino al 15% di acqua nel cocktail. Nel caso di ingredienti di bassa densità come i vermut e il gin, non è necessario shekerare. Il segreto è nell'utilizzare i distillati già ghiacciati, in modo da servire un cocktail con una percentuale molto bassa di acqua.Accanto al Martini classico, si affianca quello che negli ultimi decenni viene indicato come il Vodka-tini, con la Vodka in sostituzione del gin. La preparazione rimane identica, e sono molti gli estimatori della vodka, più neutra rispetto all'aromatico gin. Generalmente si serve con tre olive verdi o un twist di scorze di limone, più fresco.
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