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Oggi il Castelmagno è un formaggio protetto dalla legge con la denominazione di origine protetta, che autorizza la sua produzione nei soli comuni di Castelmagno, Pradleves e Monterosso Grana. I tre comuni sono nella provincia di Cuneo. Il disciplinare di produzione autorizza come materia prima principalmente il latte di vacca, addizionato con latte di pecora e capra e descrive nei particolari i processi di produzione. Il disciplinare fu pubblicato sul bollettino regionale del 31 marzo 2005, con la definizione esatta di Castelmagno prodotto della montagna DOP. A questa etichettatura si può aggiungere la menzione “di Alpeggio”, quando i produttori nutrono gli animali da mungitura nei pascoli della zona da maggio ad ottobre, con minime integrazioni di mangime, e i pascoli sono posti ad un'altitudine di almeno 1000 metri sul livello del mare. Le razze da utilizzare per la mungitura devono essere Piemontese, Valdostana, Bruna, Pezzata Rossa e altre della zona. Il 30% dell'alimentazione deve provenire da foraggio fresco misto a fieni, e non si possono utilizzare insilati di mais. Si usano legumi e cereali, misti a vitamine. Le forme devono pesare dai 2 ai 7 chili, con diametri tra i 15 e i 25 centimetri.
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Il formaggio viene prodotto in forme circolari, la cui crosta è giallastra bruna, molto sottile ma comunque leggermente dura, e aumenta di durezza quando il formaggio viene stagionato. La pasta invece è bianca, semidura, e naturalmente ingiallisce con la maturazione. Si tratta di una pasta dai gusti delicati, con una certa sapidità dopo la maturazione, che lascia comparire anche una certa erborinatura. Il disciplinare indica anche la quantità di grassi minima che deve essere presente nella forma, come pari al 34%. I suoi gusti si sposano bene con la cucina piemontese, in numerosi piatti. Tra i più famosi e semplici c'è il risotto al Castelmagno, che si realizza semplicemente facendo fondere il formaggio a fine cottura. Anche gli gnocchi vendono spesso cucinati con il Castelmagno, che si può aggiungere anche alla pasta al forno. In alternativa va mangiato a fine pasto, magari accompagnandolo con del miele. Per quel che riguarda i vini da abbinare, questi sono chiaramente quelli della zona, come Barolo e Barbaresco, che con il loro corpo pieno riescono a sostenere l'aromaticità del formaggio. Va bene anche con la polenta, sciolto sopra dopo essere stato grattugiato.
Come indicato dal disciplinare, questo formaggio è il risultato della lavorazione del latte di vacca, pecora e capra, della zona. La materia prima è il latte vaccino. Questo va prodotto con due mungiture consecutive, in genere effettuate la mattina e la sera. Principalmente si usa il latte di vacca con piccole quantità di latte di capra o pecora, ma non oltre il 20% del totale. Al latte vine aggiunto il caglio di vitello, per poi riscaldare il tutto per un minimo di 35° C e un massimo di 38° C. Quando il latte si è coagulato, si procede con il rompere il caglio per mettere in forma il tutto, coprendo con teli puliti e asciutti. In questa fase, il formaggio viene lasciato asciugare per 18 ore, e prende il nome di risola. Una volta fatto asciugare, si procede a rompere di nuovo il formaggio per procedere alla messa nel siero e poi alla salatura e ad una nuova messa in forma. Qui resta ancora fino a quattro giorni, per poi andare a maturazione. La fase della maturazione non deve essere inferiore ai due mesi, e solo successivamente si può commercializzare il prodotto.
Il risotto al Castelmagno è una ricetta classica del Piemonte, con questo suo formaggio tipico. In genere viene cucinato insieme ad un altro ingrediente principale, che può essere invernale o estivo. Il risotto invernale prevede l'aggiunta di nocciole oppure radicchio. D'estate si può cucinare con i lamponi, oppure con le pere, molto dolci e soffici. In genere la preparazione è la stessa. Si sfuma il riso con il vino e si inizia la cottura, per poi aggiungere in ultimo gli ingredienti. Le pere invece, vengono cotte insieme al riso.
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